Dishes to die for: sapori di Halloween

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di Greta Giacobini

Carie e dolci paure

Fun fact? La scienza rivela che Halloween è il periodo dell’anno preferito dai dentisti. Con il cadere delle foglie e il pensiero già rivolto alla redazione della letterina natalizia, i secchielli di bambini golosi si gonfiano insieme alle tasche dei professionisti dell’odontoiatria che si occuperanno delle loro carie. Discendente dell’antico capodanno celtico noto come Samhain, Halloween stuzzica il lato oscuro dell’uomo sin dal XVIII secolo. Tra streghe a cavalcioni su una scopa e ghigni intagliati su una zucca, non si può certo dubitare della totale dedizione del mondo anglofono alle pratiche halloweenesche che fanno del 31 ottobre una delle date più attese dell’anno. Ecco quindi che i ricettari di famiglia si arricchiscono di nuove istruzioni per realizzare piatti dalla bontà “mortale”. Alla vigilia del tenebroso evento, le tavole imbandite di tutto il mondo si tingono di arancione per rivelare segreti occulti e macabre leggende di cui, forse, era meglio ignorare l’esistenza. 

Barmbrack premonitore

Farina 00, una spolverata di cannella, una manciata di canditi e un pizzico di terrore. L’antica ricetta del dolce più halloweenesco di tutti i tempi non è certo un mistero, ma in pochi vantano la conoscenza dell’origine oscura del barmbrack irlandese. Quando il confine tra realtà e magia sfuma, quando gli spiriti si mescolano ai vivi, quando il ricordo delle imposte da pagare torna a scuotere gli animi sereni, ecco che la pagnotta celtica si fa largo sulle tavole dei parenti gaelici per predirne le sorti. Al momento del taglio, ecco che tutti i convitati si riuniscono intorno al lievitato maledetto: al suo interno, sette ciondoli faranno di lui un enigmatico premonitore. Al commensale che trovi nella sua fetta un chicco di pisello spetta un destino poi non così funesto: lo sfortunato – ma sono punti di vista – non si sposerà nell’anno a seguire. Sorte infame per chi scova, tra le alveolature di morbida mollica, un frammento di straccio da cucina. Alla fine dell’anno – illustra la sadica pagnotta irlandese – i cenci in cotone saranno i soli averi della vittima. A chi, invece, la fortuna destina spillo e ditale, compete – oltre a un indesiderato ma probabilissimo piercing alla lingua – la promessa di una morte solitaria. La violenza domestica è la minaccia ancor più macabra di cui si fa portatrice il fiammifero, simbolo di una relazione tossica e volatile. Ben diverso il messaggio del “sixpence”, la monetina che garantisce prosperità e ricchezza al fortunato destinatario. L’anello d’oro, infine, è augurio di un matrimonio felice e preda di chi, fiducioso, si lancia sul dolce nella speranza di schivare la mala sorte. La mala sorte, e il soffocamento. 

An apple a day…

Rossa, lucida e perfettamente tonda. Con la sua superficie “verniciata”, la candy apple non poteva che essere un’invenzione americana. Competitor della zucca dalla notte dei tempi, è la mela a guadagnare il primato di vegetale più mostruoso di tutti. Caramellata o al naturale, dolce o acerba, farinosa o croccante, la mela è protagonista di riti e tradizioni sin dal XVIII secolo, quando ilarità, pericolo e tecnica si fondono nel cosiddetto “apple bopping”. Il gioco, che da allora rimane nel repertorio delle invenzioni americane più bislacche, impone di riempire un secchio di acqua e immergervi delle mele; ciascun giocatore – le mani dietro la schiena per evitare la squalifica – dovrà quindi impegnarsi ad acciuffare uno dei frutti con il solo ausilio della bocca. Ecco quindi che qualcuno mira al picciolo, mentre altri ne azzannano il fianco; addirittura, i più competitivi si tuffano nel recipiente e conquistano una presa salda assicurando il frutto sul fondo del barile. 

…keeps the “spinster” away

Ma non è tutto, perché, ad Halloween, anche il frutto più banale è ombreggiato dall’aura di mistero che avvolge la notte degli spettri. La tradizione anglosassone vuole infatti che il 31 ottobre la tentazione di Eva diventi uno strumento divinatorio a tutto tondo. Così, le fanciulle ottocentesche amavano leggere l’iniziale dell’innamorato sul segmento di buccia pelata con un coltellino affilato e lasciata cadere a terra. Al suolo, scorze dalle forme astratte rianimavano le speranze delle più romantiche. Certo, se di “S” e di “C” ce ne sono tante, le innamorate di un “Kevin” o di un “Francesco” avranno meno chance di essere accontentate. Ma non demordere: delle mele, come del maiale, non si butta niente. Pare infatti che anche i semi possano caricarsi di un curioso valore profetico e ripristinare la fede di inesauribili sognatori. Il rituale è semplice: selezionati i piccoli chicchi marroni, occorre attribuire a ciascuno di loro il nome di papabili promessi sposi prima di premerli contro la propria fronte collosa (si sa: mostruose maschere sintetiche mandano in fibrillazione le ghiandole sudoripare). L’ultimo seme ad lasciare la presa rivelerà, secondo la superstizione valida solo al cambio mese, l’identità del futuro partner.

Dumb supper

Quella del Colcannon è una ricetta umile. Verza stufata, cipollotto a listarelle, purè di patate: il contorno della tradizione scozzese non potrebbe essere più basico. Ma il Colcannon è ben più di un antipasto per vegani. Piazzato al centro della tavola insieme ad altre otto portate, l’hummus nordico diventa protagonista di un tenebroso rituale che affonda le sue origini nel misticismo celtico. Seduti in cerchio, i commensali della “dumb” – o “silent” – “supper” sono destinati a rimanere a digiuno, perché le prelibatezze autunnali non spettano a loro. A digiuno, e anche al buio: la cena platonica si svolge infatti alla fioca luce di una candela nel tentativo di omaggiare gli spiriti per cui sono stati predisposti dei piatti vuoti. C’è chi, negli Stati Uniti, riporta di aver intravisto uno spettro afferrare un cucchiaio ricolmo di Colcannan per poi spalmarlo su una fetta di Soddag Valloo, la galletta lievitata che gli è spesso abbinata. Se l’episodio sia veritiero o no, non è facile determinarlo. Ma si può star sicuri di una cosa:  se mai toccherà a me, per scomodarmi dall’oltretomba non basteranno certo verza e patate.

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